La forma della reputazione
Il brand ha un suo spazio reputazionale, fatto di contenuti. Finora ci siamo soffermati sulle caratteristiche fisiche di questi spazi, in questo capitolo cominceremo a guardarci dentro: che cosa esprimono i contenuti relativi al brand? E da subito ci accorgeremo che regna il caos informativo, una mescolanza di temi senza possibilità di una comprensione più ampia. Ma gli spazi possono essere riorganizzati mediante delle rappresentazioni, delle categorie. Come se in un mucchio di mattoncini Lego cominciassimo a raggruppare i pezzi per colore o forma. O finalità. Lo spazio è il medesimo, non perde le sue proprietà, ma viene riclassificato. Il punto, compreso questo, è trovare la classificazione più utile per arrivare a una misurazione e scoprire ben altre proprietà. La percezione acquisisce una forma.
Le dimensioni
Lo spazio reputazionale è dato da tutti i contenuti che riguardano una qualsiasi entità. La reputazione è un insieme di possibili traiettorie dentro questo confine. Finora non siamo mai entrati nel merito dei temi trattati da questi contenuti. Abbiamo accennato alla polarità, quindi se negativi o positivi, ma mai ci siamo soffermati su quali informazioni portino. Immaginiamo di analizzare Steve Jobs, il suo spazio è molto esteso e vi sono contenuti che parlano della sua vita, della sua carriera, i video del lancio dei suoi prodotti, i suoi speech motivazionali, i suoi pensieri, i suoi difficili rapporti familiari, la sua componente umana dura e difficile, i risultati finanziari delle sue creature e molto altro. Insomma, un sistema molto articolato di dati, video e foto, il tutto in tante lingue giusto per dare un prospetto completo. Luci e ombre. Ma è caos. Qual è la reputazione di Steve Jobs? Abbiamo capito dai primi capitoli che non esiste una sola reputazione ma c’è un poliedro a più facce, o con un concetto più avanzato un’aura, a più dimensioni. In effetti il quadro che emerge è un caleidoscopio chiaroscuro. Se raggruppassimo in un cerchio tutti i contenuti che riguardano la sua vita privata, in un altro tutti quelli che riguardano la sua visione e innovazione, in un altro ancora tutti quelli che riguardano i prodotti e in uno su quello che riguarda i risultati e i successi finanziari che le sue aziende hanno avuto, avremmo definito degli insiemi, un primo ordine in mezzo al caos. E tutto comincia a prendere una forma intelligibile. E ognuno di questi insiemi avrebbe una forma, una dimensione, un sentiment. Prende sostanza una rappresentazione della molteplicità dell’immagine di Steve Jobs. Ecco il punto. Gli spazi reputazionali possono essere internamente riorganizzati mediante delle rappresentazioni o dimensioni. E queste ci guideranno verso un’indicazione sintetica di una mole di dati potenzialmente enorme. Teoricamente possono esistere moltissimi modi di categorizzare questi punti, nel caso di un CEO potrebbero essere altre come istituzionalità, cultura, internazionalità, competenza. Esistono infinite sovrarappresentazioni per ogni spazio reputazionale. Anche se esistono infinite rappresentazioni questo però non vuol dire che tutte abbiano un senso pratico o siano utili. Devono mappare esattamente l’entità che ci interessa rappresentare nelle caratteristiche strategiche e fondamentali. E soprattutto rappresentare uno standard per avere una confrontabilità il più ampia possibile. Questa scelta possiamo definirla rappresentazione primaria. […]